Malattie della vite: fillossera e ricostruzione post-fillosserica

Le malattie della vite fillossera hanno segnato profondamente lo sviluppo della viticoltura europea e in particolare la storia della Romagna, culla di grandi vini come l’Albana di Romagna e il Sangiovese.

Dall’arrivo della phylloxera vastatrix alla successiva ricostruzione post-fillosserica, il territorio ha saputo reagire, dando vita a una nuova epoca della viticoltura, oggi portata avanti con un approccio sempre più attento e BIO da realtà come la Cantina Celli di Bertinoro, da oltre 60 anni custode di tradizione e innovazione.

La fase prefillossera della viticoltura in Italia

Prima della comparsa della fillossera della vite, la viticoltura italiana era caratterizzata da una straordinaria biodiversità. In Romagna, la coltivazione della vite affonda le radici nell’epoca etrusca e romana, grazie alla “Piantata”: un sistema agricolo che permetteva la coesistenza di fagioli, alberi e vigne.

La fillossera arrivò in Europa a metà Ottocento, probabilmente importata dall’America tramite barbatelle infestate. Il suo ingresso in Italia sconvolse l’equilibrio dei vigneti, che fino ad allora erano ricchi di varietà locali adattatesi al clima. Questa minaccia si diffuse velocemente, colpendo duramente anche i vigneti romagnoli e mettendo in pericolo la sopravvivenza della viticoltura tradizionale.

La fillossera: dalla distruzione alla rinascita della viticoltura

I danni provocati dalla fillossera furono devastanti: le punture dell’insetto generavano escrescenze radicali (tuberosità) che indebolivano la pianta, rendendola vulnerabile ad altre infezioni. Le viti morivano lentamente, causando il crollo della produzione.

Riconoscere la fillossera non era semplice: colpiva soprattutto le radici, invisibili a occhio nudo, e solo l’improvviso deperimento della pianta rivelava la sua presenza. La svolta arrivò con la ricostruzione post-fillosserica, grazie all’innesto delle varietà europee su portainnesti americani resistenti. Questo metodo permise di salvare i vitigni storici della Romagna, aprendo la strada a un nuovo modello di viticoltura più resiliente.

Albana di Romagna: un vitigno che resiste nel tempo

L’Albana di Romagna, primo vino bianco italiano ad aver ottenuto la DOCG (1987), rappresenta l’identità vitivinicola romagnola. La sua buccia tannica le conferisce caratteristiche uniche, più simili a un vitigno a bacca rossa che bianca.

Storicamente coltivata nei terreni collinari romagnoli, l’Albana ha resistito alle crisi grazie alla sua capacità di produrre zuccheri e vini longevi. Le tecniche moderne hanno valorizzato questa varietà, che oggi si declina in versioni secche, amabili, passite e persino spumanti. Nonostante la ridotta superficie vitata, è un simbolo della resilienza dei vini romagnoli.

Romagna e Sangiovese, terra e uva uniti dalla forza

Il Sangiovese di Romagna è il rosso per eccellenza del territorio: diffusosi tra Medioevo e Rinascimento, è divenuto il pilastro della ricostruzione post-fillosserica grazie alla sua adattabilità e produttività.

A differenza della Toscana, dove era spesso vinificato in uvaggio, in Romagna si è imposto in purezza, dando origine a vini intensi e territoriali. Oggi, il Sangiovese è uno dei vitigni più coltivati in Italia e nel mondo, sinonimo di qualità e tradizione. La sua longevità lo rende un emblema di come la Romagna abbia saputo rinascere dopo la crisi della fillossera.

Malattie della vite: fillossera e altre

La fillossera non è stata l’unica minaccia per i vigneti. Altre due patologie ancora oggi temute sono l’oidio della vite e la peronospora della vite, entrambe in grado di compromettere la produzione se non affrontate con tempestività e strategie mirate.

Oidio della vite

Conosciuto come “mal bianco”, l’oidio si riconosce dalla tipica polvere bianca che ricopre foglie e acini. A differenza della peronospora, prospera in condizioni secche e miti.

oidio della vite

Per contrastarlo, uno dei rimedi più diffusi è lo zolfo micronizzato, che agisce sul micelio e sulle spore del fungo alterandone i processi vitali. Questo trattamento, utilizzato anche in agricoltura biologica, si è dimostrato particolarmente efficace nel contenere l’infezione senza compromettere la salute della vite.

Cos’è la peronospora e come riconoscerla

La peronospora della vite si manifesta con macchie giallastre e oleose sulla parte superiore della foglia, mentre sul retro compare una muffa bianca. È favorita da condizioni di elevata umidità e piogge frequenti.

A differenza dell’oidio, che ama il secco, questa malattia prolifera nei climi umidi. In agricoltura biologica, i trattamenti più efficaci sono a base di poltiglia bordolese o formulati come Bordoflow New abbinati a prodotti naturali come l’olio essenziale di arancio, che svolge azione anti-sporulante.

Trattamenti in vigna: l’importanza di un approccio BIO

Oggi i trattamenti in vigna si orientano sempre più verso pratiche sostenibili: l’approccio BIO permette di tutelare non solo la salute della pianta, ma anche quella del suolo e della biodiversità circostante.

Fillossera della vite: cura e rimedi

La vera “cura” contro la fillossera è stata l’innesto su portainnesti americani resistenti, una soluzione che ha salvato la viticoltura europea. Oggi la prevenzione resta la migliore arma: selezione accurata del materiale vegetale e gestione agronomica attenta garantiscono la sopravvivenza delle vigne.

La Cantina Celli di Bertinoro e i vini romagnoli che resistono

La Cantina Celli di Bertinoro, da oltre 60 anni, rappresenta la continuità della viticoltura romagnola dopo la crisi della fillossera. Custode della tradizione, produce vini come Albana e Sangiovese, espressione autentica di un territorio che ha saputo rinascere.

L’azienda Celli valorizza un approccio totalmente BIO, legato al rispetto della terra e della sua storia. Nei nostri vigneti collinari, le varietà sopravvissute e rilanciate dopo la crisi ottocentesca continuano a raccontare la forza della Romagna e dei suoi vini… E sono oggi pronte per la vendemmia 2025!

romagna e sangiovese

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