I romagnoli – popolo dalla “doppia anima”
I romagnoli sono un popolo di terra e fuoco, plasmato nei secoli da lotte, passioni e convivialità. Tradizionalmente conosciuti per la loro rudezza schietta, sanno effettivamente essere persone dirette, vere, senza fronzoli; eppure, dietro questa scorza dura si nasconde spesso un cuore caldo, pronto a mostrare generosità e orgoglio contadino.
Questo carattere unico si riflette nei vini romagnoli, nei gesti quotidiani, nell’arte di vivere con autenticità. Scopriamo allora chi sono davvero i romagnoli, cosa significa agire “alla romagnola”, e perché a Bertinoro, grazie anche alla Cantina Celli, questa identità diventa tradizione.
Chi sono i romagnoli? Un’identità viva che combatte per la sua terra
I romagnoli hanno un’identità forgiata nella storia e nel lavoro. Nei secoli del Medioevo, come scrive lo storico John Larner, erano visti come ribelli indomabili: signori feudali fieri, combattenti pronti a difendere il proprio territorio; seppur divisi tra città rivali, sapevano riconoscersi parte di un destino comune. La loro fierezza nasce da qui, ma anche dalla terra che lavoravano: una Romagna fertile e dura, che chiede rispetto e restituisce frutti generosi.
La gente di Romagna, apparentemente d’animo leggero, nasconde una malinconia di fondo – forse dovuta proprio a questo stretto legame con la terra. In questo luogo, il rapporto con il passare del tempo è vissuto in modo particolare e, come esso, anche quello con la morte viene affrontato ed esorcizzato con ironia. Sentire due persone che salutandosi sorridenti si dicono: “T’sì incôra a e’ mónd!?” (Sei ancora al mondo!?), non è infatti nulla di strano in Romagna.
La “doppia anima” romagnola
Indro Montanelli diceva che «la Romagna va cercata nel carattere dei suoi abitanti». E aveva ragione: il paesaggio romagnolo, vago e senza confini netti, non è altro che il riflesso di una personalità collettiva forte e sfaccettata; forse anche per questo la differenza tra Emilia e Romagna non è un aspetto propriamente geografico quanto culturale, ravvisabile in usi, costumi e attitudini.
Secondo Tonino Guerra, il romagnolo è un sentimentale che non lo mostra: evita abbracci e parole dolci, preferendo saluti affettuosamente brutali come: “Ti venisse un colpo!”. Il carattere romagnolo presenta ruvidezza e tenerezze nascoste, riservatezza affettiva e calore solidale; nel modo di essere dei romagnoli c’è spregiudicatezza, ma anche intelligenza istintiva… parlano con franchezza, vivono con passione, e accolgono con calore. Questa doppia anima – rude e ospitale – è l’essenza di un popolo orgoglioso, che ama far conoscere la propria casa, la propria tavola e i propri vini.
Ospitalità romagnola: un patto non scritto
L’ospitalità in Romagna è dunque molto più di una consuetudine sociale: è un patto morale tra chi abita questo territorio e chi lo attraversa; è una forma di rispetto, di apertura e, soprattutto, di orgoglio. Accogliere un forestiero è un modo per offrire il meglio dei propri prodotti e raccontare la propria storia; al punto che, nel momento in cui un ipotetico ospite rifiuta un invito, nel cuore del romagnolo si apre una ferita.
Questa attitudine affonda le sue radici in una cultura contadina basata sulla cooperazione, sull’aiuto reciproco, sul valore della comunità: il lavoro nei campi, la condivisione dei raccolti, le feste patronali e i pranzi sempre in compagnia hanno insegnato che accogliere l’altro è anche un modo per rinforzare sé stessi.
Non vi è dubbio che questo spirito sia presente ovunque in Romagna, ma a Bertinoro diventa storia viva e racconto collettivo: qui, l’ospitalità si respira in ogni strada.
La storia della Colonna dell’ospitalità – Bertinoro
Bertinoro è conosciuta anche come il “balcone della Romagna”, poiché dalle sue alture si abbraccia con lo sguardo tutta la Riviera. Oltre al panorama, ciò che colpisce è però il senso di ospitalità autentica che qui si respira: è una città che ha fatto dell’accoglienza la propria bandiera, e non per strategia turistica ma per identità profonda. Non a caso, un detto locale recita: «Un po’ d’ombra e un bicchiere di vino non si negano a nessuno».
Nel centro della città, la Colonna delle Anella è simbolo di questa accoglienza semplice, ma solenne. Eretta nel XIV secolo, nacque come soluzione per porre fine alle liti tra dodici famiglie nobili, tutte desiderose di ospitare i viandanti: sulla colonna vennero infatti posti dodici anelli – uno per famiglia – con l’idea che sarebbe stato il viandante stesso a scegliere casualmente la casa che lo avrebbe ospitato, legandovi il proprio cavallo… Geniale, no?


Agire alla romagnola: schiettezza, istinto e fierezza popolare
Agire “alla romagnola” significa seguire l’istinto, con quel mix di fierezza, schiettezza e spirito popolare che distingue chi vive questa terra. Originariamente, era una definizione che faceva riferimento alle doti in combattimento: nel 1334, Lippo Alidosi prese Imola “alla romagnola”, vale a dire con coraggio e decisione – nonché spregiudicatezza – e da allora quell’espressione è rimasta a indicare un modo di agire forte, audace, eppure mai privo di umanità.

Le più celebri compagnie di ventura d’Europa erano guidate proprio da romagnoli: uomini come Taddeo della Volpe e Dionigi Naldi, detto il “Brisighello”, che difesero le fortune dei veneziani con grande abilità militare.
A loro Venezia riservò sepolture d’onore, riconoscendo pubblicamente il valore di chi combatteva “alla romagnola”: con coraggio, astuzia e un temperamento feroce. Anche quando sono irruenti, i romagnoli non sono mai finti; lo si percepisce nei rapporti quotidiani, come nei vini che producono: vini veraci, intensi, come chi li fa.
I romagnoli secondo Leonardo da Vinci: solo forti, o anche scaltri?
Leonardo da Vinci, uomo di genio e osservatore inflessibile, non fu tenero con i romagnoli sotto il profilo intellettuale: annotava nei suoi taccuini che la Romagna era per lui «provincia sorgente di ogni stupidità». Un giudizio forse affrettato, che in ogni caso si scontra con i fatti storici che lo stesso Leonardo ben conosceva.
In qualità di ingegnere militare al servizio degli Sforza di Milano, non poteva infatti ignorare che lo stesso capostipite di quella famiglia – Muzio Attendolo, detto Sforza – fosse nato proprio in Romagna, a Cotignola. Un uomo leggendario, noto per la sua forza erculea e per la capacità di piegare un ferro di cavallo con le mani nude. Fu dunque proprio questo spirito romagnolo – rude ma indomabile – a generare dinastie, a guidare battaglie, a entrare nella storia. Anche Leonardo, forse a malincuore, dovette prenderne atto.
Il vino romagnolo racconta il carattere del suo popolo
Se vuoi capire i romagnoli, assaggia il loro vino: ogni sorso di Sangiovese – in particolare Bron e Ruseval di Celli, per coloro che desiderano scoprire la tradizione dell’Emilia Romagna – racchiude la forza, la passione e la fierezza di questo popolo; l’Albana, invece, è come la gente che la produce… Ruvida in apparenza, ma capace di offrire una dolcezza sincera e memorabile. Il Trebbiano e il Pagadebit parlano di concretezza, di orgoglio contadino, di rispetto per le stagioni e per la terra.
Il vino romagnolo non vuole stupire, vuole raccontare. Sia che si tratti dei vini romagnoli rossi o dei vini romagnoli bianchi, esso rimane sincero, diretto, conviviale. Provenendo da mani che lavorano, da menti che ricordano e da cuori che accolgono, il prodotto che ne nasce assorbe la stessa schiettezza e, così, mantiene la sua autenticità.
Accoglienza e storia di Romagna alla Cantina Celli
La Cantina Celli di Bertinoro è il perfetto esempio di come il vino possa esprimere un’identità. Nata sulle colline che dominano la Romagna, la cantina produce da ben 60 anni vini che raccontano la terra con onestà, cura e passione. Le etichette non sono mai solo prodotti, ma storie in bottiglia: ogni sorso parla di Bertinoro, di Romagna, di accoglienza vera.
Visitare la cantina e assaggiarne i prodotti è un’esperienza che sa di casa, e al contempo di scoperta. Essere accolti con un sorriso, ascoltare un racconto, brindare con un Sangiovese e sentirsi subito parte di qualcosa: questo significa scoprire cosa vuol dire essere romagnoli.
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Testo a cura di: Lara Balestra